Sono passati tre anni dagli avvenimenti di quella giornata che diede una brusca svolta alla mia vita, annullando in poche ore tutti i sogni che avevo coltivato con tanta perseveranza per due mesi, riportandomi alla realtà.
Esco sulla terrazza: sotto di me la spiaggia candida di Miami brulica di vacanzieri; l’Oceano è calmo, lento, la sua voce un enorme sospiro.
Là, oltre l’orizzonte c’è la mia Isola dove né io né mio padre potremo più mettere piede.
La Rivoluzione ha vinto, Raoul è Presidente e Delgado l’eroe nazionale che rappresenta l’Idea, l’anima della rivoluzione per tutto il mondo. Noi siamo in esilio per sempre, qui in America che vede il nuovo regime rivoluzionario come fumo negli occhi. Infatti quando l’anno scorso Delgado in qualità di Ministro degli Esteri ha portato la nuova immagine dell’Isola in tutti i paesi ha evitato l’America, ma ora i tempi sono cambiati .
E’ doloroso per me ricordare gli avvenimenti di quel 28 Giugno di tre anni fa quando la mia vita si capovolse ma il cerchio va chiuso.
All’improvviso ci fu un grande tramestio nella tenda verde dove erano alloggiati i sistemi di comunicazione tra i diversi campi dei guerriglieri; un uomo ne uscì correndo e si diresse alla baracca di Delgado che uscì seguito da Raoul.Restai immobile nell’attesa di un avvenimento che intuivo funesto.
I due uomini poco dopo vennero verso di me:
-Andiamo Princesa, dobbiamo parlare- disse Delgado con voce stanca. Guardai Raoul , il suo viso era immobile, di pietra. Il Comandante mi aveva chiamato Princesa, era la fine.
Come fummo nella baracca:
-Tuo padre ha catturato anche Junito, oltre Lupe e quattro dei miei uomini. Qualcuno di loro ha parlato, ora sa con sicurezza che ti tengo qui, prigioniera. Propone uno scambio; la tua vita per la loro. Ho già risposto di sì, non posso rischiare che ci attacchi, potrebbe sapere di più di quello che dice; partiamo subito, lo scambio avverrà a Mayaguana, stanotte-
Mayaguana, dove tutto era cominciato e dove ora tutto finiva.
-Devo parlarti, da solo-
Delgado si rivolse a Raoul in silenzio. Non ho mai saputo che cosa si fossero detti prima, l’uomo con un sospiro si alzò ed uscì.
Restammo lì, in piedi a guardarci fissi, allungai una mano e la passai sulla camicia ruvida e sudata di Alejandro, poi risalii al viso a rilevarne i contorni, sapevo che era l’ultima volta che potevo farlo.
Lui mi prese la mano e la baciò, un gesto d’altri tempi che poco si addiceva al rivoluzionario:
-Addio Princesa, quando andremo al potere farò in modo che tu non sia toccata , dovevi dirmi qualche cosa?.
-No, nulla .Ora non importa più.
Posso portare via il tuo libro di poesie di Neruda?-
Non rispose: mi abbracciò e restammo lì stretti, senza parlare, la sua bocca sul mio collo io ad aspirare il suo odore che avrebbe dovuto bastarmi per il resto della vita.
-Andiamo ora, preparati. Ti benderemo e tu dirai che ti abbiamo tenuta bendata per tutto questo tempo, so che non ci tradirai, ma tuo padre sa essere molto persuasivo-
-E io sono sua figlia, da me non caverà una parola, nessuno saprà mai nulla neppure di te e di me-
-Non finisce qui, Princesa. Io credo ci siano vite destinate ad incrociarsi al di là del tempo.
Ti ritroverò, se non avrai dimenticato…-
-Se tu non avrai dimenticato e se vivremo-
Queste sono state le nostre ultime parole. Lo scambio avvenne regolarmente, per una volta mio padre fu di parola.
Quando lo riabbracciai mi accorsi di quanto mi era mancato, ma non scordai neppure per un attimo la promessa fatta a Delgado. Del resto ci pensò la mia malferma salute a venirmi in aiuto: appena tornata a casa iniziarono violente crisi d’asma che mi lasciavano prostrata e che mi fecereo temere che avrei perso il bambino, cosa che puntualmente avvenne, e che rese necessario il mio ricovero in Ospedale. Da lì, appena l’emorragia cessò mi ritrovai su un aereo diretto a Parigi, dove c’erano specialisti per i miei polmoni. Questa la scusa ufficiale di mio padre.
E a Parigi rimasi. Dicono che sia triste Venezia, Parigi lo fu molto di più per me in quei giorni.
Cominciavo a realizzare che avevo perso davvero tutto quello a cui tenevo, a cui avevo creduto.
Delgado mi mancava, la sua assenza era un vuoto incolmabile, e con lui il campo e Zoila, che avevo lasciata in lacrime,Carlos, Benicio, Camillo e i miei pazienti poveri.
Mi mancava la mia vita, tiravo avanti come uno zombie, sorvegliata a vista da tre guardie del corpo a cui era impossibile sfuggire. Mi era impedito comunicare in qualunque modo, ero in pratica una prigioniera di lusso.
Mio padre sapeva tutto ma non ne fece mai parola.Consumai le pagine del libro di poesie di neruda, per ritrovarvi le impronte di alejandro, il suo respiro, l’odore dei banani dopo la pioggia…
Un giorno la guerra nella mia Isola finì: vinse la Rivoluzione, mio padre riuscì a fuggire
in America, aiutato dalla Cia. La televisione mi rimandava immagini di Raoul nuovoPresidente e di Delgado, il teorico della rivoluzione. Naturalmente alla mia famiglia era stata interdetta per sempre l’Isola: se avessimo cercato di tornare saremmo stati eliminati.
Poi il genitore mi chiamò qui a Miami, dove si era sistemato in questo lussuoso appartamento.
Mi trovò un marito, naturalmente molto ricco, cinquantenne, noto commerciante d’armi.
Lo sposai senza protestare, ormai i miei giorni si trascinavano, inutili: Robert è gentile con me, mi copre di regali, viziandomi. Ma mi controlla anche lui come mio padre.
Dicevo all’inizio che le cose ora sono politicamente cambiate, infatti il Comandante verrà ufficialmente in visita in America e io so che mio marito lo incontrerà, si sa i soldi non hanno colore…Lo rivedrò perchè:
-Non finisce qui, Princesa. Io credo ci siano vite destinate ad incrociarsi al di là del tempo.
Ti ritroverò, se non avrai dimenticato…-
-Se tu non avrai dimenticato e se vivremo-
Siamo vivi e io non ho dimenticato e neppure lui ne sono sicura…
FINE