TRA LE GAMBE

Inizio Luglio 2016,sono passati 6 anni ma il ricordo è vivissimo.
Bassa Veronese, caldo micidiale, devo presentare una relazione per l’Unversità ma è faticoso concentarsi: il caldo mi rende inquieta, distratta, facilmente irritabile.
Così, come diversivo, e anche per uscire di casa, ho preso l’abitudine di andarmene tutti i giorni intorno all’ora di pranzo a visitare un grosso centro commerciale distante qualche centinaio di metri da casa mia.
Me ne vado in giro senza meta tra gli scaffali in un ambiente semideserto data l’ora e piacevolmente fresco.
Scendo in strada con l’esiguo abbigliamento “casalingo”: vecchi zatteroni modello infradito, gonna a portafoglio di stoffa leggerissima annodata su un fianco di età indefibinile, canotta bianca, i capelli raccolti in un instabile “ciuffo” con forcine che sfuggono da tutte le parti naturalmente senza ombra di trucco: insomma non mi presento di certo al mio meglio.
Appena entrata mi dirigo subito al piano superiore, attirata dai numerosi scaffali ripieni di cibo in scatola orientale.
Mi affascinano i colori delle etichette e ho in mente una cenetta esotica per questa sera.L’enorme ambiente è deserto: mi avvicino agli scaffali, poi mi chino, piegandomi sulle ginocchia,per osservare meglio gli articoli sul pianale in basso: il fresco dell’aria intorno a me è pura delizia.
Mentre osservo con aria pensosa una scatola coloratissima di polpa di granchio mi accorgo di una presenza, anzi di uno sguardo insistente fisso su di me, mentre ho la sensazione netta che l’atmosfera intorno sia diventata improvvisamente calda e umida,quasi dai condizionatori spirasse un leggero vento di scirocco.
Inconsciamente raccolgo la gonna sulle gambe, mentre mi volto e lo vedo.
Stà lì, fermo tra due piramidi di tonno e salsa di pomodoro.
Mi guarda, fissandomi intensamente, senza pudore.
Sì, è il termine esatto, quell’uomo mi vuole con una intensità che mi spaventa.
A meno che io non stia impazzendo o soffra di allucinazioni.

Improvvisamente mi sento profondamente femmina in ogni centimetro di pelle scoperto, pienamente cosciente di essere nuda sotto i vestiti a parte gli slip e di avere tra le gambe quella “cosa” meravigliosa che ora mi stupisco di poter portare in giro senza che gli altri si accorgano di quale sia in realtà il suo potere.
E una goccia di sudore comincia a scendere dallo sterno tra i seni che paiono gonfiarsi sotto lo sguardo intenso dell’uomo, mentre mi rialzo con lentezza, perché un languore improvviso mi fa le gambe molli.
Lui è sui quarant’anni, non certo un superfigo da sturbo: alto, viso scarno, segni di borse sotto gli occhi, capelli folti, bocca carnosa e occhi straordinari: grigi, luminosi, occhi che parlano, occhi che senza staccarsi dai miei, diventano mani, lingua, sesso,tutto.
Spingo in avanti i seni in un movimento inconscio di sfida e di esibizione.
L’uomo tiene tra le mani una bottiglia di vino: le dita si muovono lentamente sù e giù lungo il vetro, mentre le labbra si aprono in un sorriso strano, un poco contorto.
E la lingua esce per un attimo, come a dissetarle per un’arsura improvvisa. Quella lingua la sento tra le gambe, là dove ora mi sto bagnando, mentre le sue mani, che circondano con movimento morbido e avvolgente il vetro, sono sui miei seni a soppesarli, per poi tormentare i capezzoli e mani e lingua preparano la via al suo sesso che…

Tombola, nel goffo tentativo di allontanare questi visionari e imbarazzanti pensieri
urto lo scatolame: alcune confezioni cadono ed io mi precipito a raccoglierle maledicendomi per la mia stupidità.
Se spero che lui si fiondi ad aiutarmi mi sbaglio di grosso.
Allora mi rialzo ed in un tardivo tentativo di recuparare un briciolo di dignità gli volto lespalle in fretta, per dirigermi ad un altro reparto.
Sento il suo sguardo incollato al mio sedere traballante sia per gli alti zatteroni che
per l’eccitata confusione.
Arrivo alla sezione “Informatica” dove mi sento decisamente a mio agio.
Un commesso si aggira tra gli scaffali, meglio, non sono sola.
Ma ecco, come arrivo in fondo al corridoio che gira a gomito me lo ritrovo davanti il mio uomo misterioso.
A distanza di qualche metro, appoggiato ad una mensola, sta osservando un portatile.
Si volta e io mi immobilizzo, come ipnotizzata, pronta a riprendere il muto colloquio iniziato poco prima.
L’inguine mi brucia, senza pensarci passo una mano sull’alto della coscia, a toccare il bordo delle mutandine.
Lui segue con gli occhi quella mano, perforando con lo sguardo la stoffa sottile della gonna e lo slip, per frugarmi il sesso, mentre lo sento entrarmi in grembo, riempirmi della sua carne, per poi appoggiarsi tra i miei seni, dove lo stringo fino a che con il suo seme mi bagna il petto ed il collo, cosicché io possa disegnare sul mio ventre scuro candidi tatuaggi…
Sorride, mi ha già studiata, analizzata, capita, e ora mi sta scopando con lo sguardo e ilpensiero, sento le sue mani sul sedere, sulle cosce.
Chiudo gli occhi, deglutendo abbondantemente.
Quando li riapro lui non c’é più.
Appoggio la fronte al freddo del metallo per uscire dallo stato di confusione ed eccitazioneprovocate da quello strano e insolito incontro.

Decido di salire al bar, per bere qualche cosa di fresco e anche nella segreta speranza di rincontrarlo.
Eccolo lì, seduto tranquillamente, con un caffé davanti e un giornale.
Sono pietrificata, mentre lui non pare affatto sorpreso di rivedermi.
I miei occhi lo implorano:
-Ti prego, guardami come prima, fammi sprofondare di nuovo nelle mie mutandine bagnate, fammi pensare a quanto sia nuda e sola la mia carne senza la tua, parlami, fai la prima mossa…-
E intanto mi siedo nel tavolino di fronte al suo e apro intenzionalmente le gambe prima di accavallarle.
Ora i suoi occhi grigi si immobilizzano sulla forbice delle cosce che si chiude lentamente.
Io mi lecco le labbra aride, mentre passo distrattamente una mano sui seni.
Sta per alzarsi, lo so, sta per venire da me.
Ma ecco una mano di donna, dalle unghie lunghe e curatissime, si posa sulla sua spalla.
Restiamo ancora un attimo agganciati con gli occhi, poi lui si gira verso la signora bionda e:
-Bene, sei arrivata, ti stavo aspettando-
E lei, ridendo e mormorandogli qualche cosa all’orecchio, si siede di fronte a lui, dandomi le spalle.

Sono tornata spesso in quel centro commerciale, ma non ho mai più incontrato quell’uomo.
Spesso ripenso a questa storia e mi chiedo:
-Se non fosse arrivata quella donna, come sarebbe finita?-
Ed ogni volta sento montare dentro la stessa eccitazione.